Le origini di questa casata trovano radici in una delle famiglie che maggiormente hanno segnato la Sicilia, famiglia il cui capostipite comprese l’importanza vitale dello sviluppo culturale nel raggiungere una crescita del territorio, e nel permettere ciò si impegnò enormemente. La famiglia era proprio quella di Federico secondo, discendente dal lato paterno dalla nobile famiglia degli Hohenstaufen e dal lato materno dalla nobile famiglia siculo-normanna degli Altavilla, conquistatori di Sicilia e fondatori del regno di Sicilia.

Si narra che fu proprio l’agiatezza derivante dall’appartenere a una così importante stirpe che portò alla deriva una casata che fu costretta nei secoli, a cedere quasi tutti i suoi possedimenti, dei quali all’alba del 1700 rimase soltanto un’ enorme magione attorniata da smisurati campi, in gran parte incolti. I pochi tùmmini ancora sfruttati erano dei vigneti, maltrattati, che riuscivano a produrre il giusto per saziare la sete di familiari ormai completamente in decadenza, dediti all’ozio.

Ma si sa, le oscillazioni sono una costante storica e la storia che a noi interessa ha inizio il 12 luglio del 1694, giorno in cui la principessa Maria Cristina Costanzo matriarca della casata divenuta Grecale, diede alla luce il figlio del Principe Paolo Antonio Grecale, il piccolo Francesco Ferdinando.

I genitori di Francesco erano l’esatta immagine della nobiltà decadente e nello spendere le giornate tra vizi e sollazzi persero di vista la crescita del figlio, che venne messo nelle mani della nonna paterna Rosalina.

Rosalina fu la prima a comprendere quanto grande fosse la curiosità e la sensibilità del nipotino e riprendendo la filosofia dell’ormai lontano antenato Federico secondo, decise di impegnarsi per far crescere culturalmente Francesco, attorniandolo dei migliori docenti, dei migliori libri e sforzandosi di soddisfare ogni sua curiosità. Anche le pause dallo studio venivano spese insieme, Rosalina era infatti un’esperta cuoca e nelle molte ore passate dietro ai fornelli con il nipote, si spese per far comprendere la chimica nascosta dietro ogni passaggio della cottura sei suoi manicaretti.

Divenuto grande, la dolce nonna comprese che per completare la crescita culturale del nipote lo avrebbe dovuto spingere a viaggiare. Grande fu lo sforzo della nonna nel trovare le risorse necessarie, ma fu proprio questo lungo viaggio per l’europa che aprì la mente di un giovane che partì ragazzo, tornando uomo.

Fu proprio nelle ultime tappe del suo viaggio, tra Inghilterra, Belgio e Germania che il principe conobbe la deliziosa bevanda che catturò la sua curiosità più qualunque altro stimolo mai ricevuto.

Legenda narra che questo interesse non nacque disinteressato, infatti innamoratosi perdutamente della splendida principessa Elisa Wittelsbach, il principe di ritorno in patria ,ormai patriarca dedicò ogni suo momento vigile allo studio ed al perfezionamento di una ricetta birraria capace di estasiare tanto la principessa Elisa, quanto il padre, noti amanti della bevanda.

Non riuscendo a trovare un grano di qualità sufficiente ai suoi perfezionistici ideali, decise di mettere in coltura con tecniche ed idee innovative quelle enormi distese ormai abbandonate da decenni, facendole tornare a risplendere di un oro che valeva ben più del metallo.

Nonostante gli eccellenti cereali che provenivano dai suoi campi, la definizione di ricette che lo soddisfacessero, fu lenta e complessa. Il principe non brillava di certo per pazienza, ma con la principessa nel cuore decise imperterrito che avrebbe realizzato ciò che desiderava.

Nella tarda primavera del 1724 era tutto pronto, ma indeciso su quale delle 5 ricette prodotte fosse la migliore, decide di portarle tutte con se, e con le botti accuratamente conservate, partì alla volta del territorio tedesco.

Estremamente eccitato e fiducioso di un positivo riscontro della famiglia nobiliare Wittelsbach, dopo il lungo viaggio, Il principe aveva il cuore in festa. Stava finalmente per arrivare il coronamento degli enormi sforzi. Mancava qualche metro all’enorme portone in cui fieramente era intarsiata l’araldica nobiliare, quando il principe si accorse degli enormi drappi scuri appesi su tutte le mura.

Curioso e quieto entrò, ma alla vista dell’amata senza vita, distrutto, affranto, tremolante scappò abbandonando la carrozza carica delle sue creazioni, per realizzare le quali aveva speso innumerevoli ore.

Il re affranto provò a far seguire il principe, ma ne perse le tracce. Di lui gli rimasero solo quei 5 barili di una birra dal sapore che mai credeva potesse esistere. Solo la bevanda ebbe il potere di lenire il dolore per la perdita della figlia tanto amata.

Terminati i barili il re chiese ai suoi mastri birrai di replicare le ricette e nonostante i moltissimi tentativi, si narra che mai nessun birraio tedesco riuscì a riproporre quei delicati ed eleganti aromi.

Del principe non si seppe più nulla, a lungo fu cercato, ma mai più ritrovato.

Di lui restarono, in mano al fratello e alla sorella, le innovative tecniche di coltura e le le preziose ricette ispirate dalle persone che più amava, le quali furono custodite e tramandate tenendo in vita il ricordo di un’uomo che fu travolto dall’amore e da una sensibilità fin troppo accesa.